Interventi ed Opinioni


    

ALLARME PER UN GIARDINO DIFFUSO: IL PAESAGGIO DEL SALENTO

  


 

(...) Sarebbe davvero triste se gli abitanti di questo estremo lembo d’Italia non si rendessero protagonisti in prima persona di una ribellione culturale in difesa della loro terra, che è la terra del sudore dei loro padri che con grande fatica l’hanno coltivata trasformandola in un giardino; anche quando le pietre avevano il sopravvento sulla terra (...)

 


  

Riportiamo in forma ampia la lettera aperta “Allarme per un giardino diffuso: il paesaggio del Salento” inviata dal prof. Vincenzo Cazzato al Ministero per i beni e le attività culturali, alla Regione Puglia e ad altri organismi e sottoscritta dalla Facoltà di beni culturali dell’Università di Lecce in data 15 febbraio 2007.

All’appello hanno finora aderito il Comitato Icomos-Ifla (massimo organismo internazionale in materia di paesaggi culturali), il Comitato nazionale per lo studio e la conservazione dei giardini storici, il Fondo per l’Ambiente Italiano, l’Ordine degli Architetti della Provincia di Lecce, l’Associazione Italiana degli Architetti del Paesaggio, la Fondazione Benetton Studi e Ricerche di Treviso. Attestati di sostegno sono pervenuti dal Corso di laurea in architettura del paesaggio dell’Università di Genova, dal Centro di documentazione storica sul giardino del Comune di Cinisello Balsamo (Milano), dall’Archivio Italiano dell’Arte dei Giardini di San Quirico d’Orcia (Siena).

Con la pubblicazione, all'appello intende aderire anche il sito SalveWeb.it, da sempre impegnato nel tentativo di tutela e nella valorizzazione sul web del patrimonio paesaggistico e naturalistico del territorio di Salve.

L'intento è quello di fornire degli utili e costruttivi spunti di riflessione per tutta la nostra comunità.

 

ALLARME PER UN GIARDINO DIFFUSO: IL PAESAGGIO DEL SALENTO

 

Qualcuno potrà dire che il Salento non è la Val d’Orcia, che il suo paesaggio, ricco di testimonianze storiche non è - o non è ancora - fra i siti inclusi dall’Unesco nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità; ma qualcosa bisogna pur fare per l’amore nei confronti di una terra che i viaggiatori del Sette e dell’Ottocento non esitavano a definire un giardino diffuso, all’interno del quale trovano posto, in una storia infinita, una serie di sistemi policentrici: dai menhir ai dolmen, dalle torri costiere alle masserie, dai casini alle ville.

Si può, e ancora per quanto, parlare di un paesaggio salentino? Un paesaggio segnato dalla presenza di muri a secco e di antiche carrarecce, di menhir e di dolmen, di trulli e di “pajare”, di torri e di masserie, di aie e dei segni della “centuriatio” romana, che non sia stato violentato dall’azione speculativa?

L’urbanizzazione selvaggia lungo la costa ha ormai quasi chiuso il suo ciclo proponendoci di tutto e il fronte sta pericolosamente avanzando verso l’interno. Se in passato sono state le torri costiere i punti di aggregazione dell’urbanizzazione, ora lo stanno diventando le costruzioni rurali, le masserie; e si potrebbe individuare un ampio campionario di scempi compiuti dal momento in cui le masserie, da strutture produttive, sono state trasformate - spesso con contributi regionali - in strutture di ricezione turistica sottraendo a volte da altre costruzioni allo stato di rudere elementi di arredo, persino pietre e tufi che hanno il pregio di possedere la “patina del tempo”.

I furti di pietre - e quelle del Salento sono “pietre che parlano”, testimonianze di rapporti remoti tra l’uomo e la natura - fanno pendant con i furti di alberi d’olivo secolari diretti al nord.

Si leggono di frequente, soprattutto nel periodo estivo (e non è casuale), articoli che esaltano senza mezzi termini le bellezze di luoghi divenuti di gran moda all’insegna della “pizzica” e della “taranta”. “Salentu: lu sule, lu mare, lu vientu”; è vero, il Salento è questo: sole, mare, vento, doni della natura che la mano dell’uomo non è riuscita ancora a distruggere. E il paesaggio con le sue peculiarità e le sue bellezze? Un binomio come quello cultura-svago, che potrebbe costituire un volano per un turismo diverso, è destinato in breve tempo a fallire venendo meno l’elemento che ne costituisce in un certo senso il collante: il paesaggio.

Nei siti web di alcune località balneari non manca il richiamo al numero di “vele” assegnate da questa o da quella “goletta”: paradossalmente a volte sono proprio simili graduatorie a favorire nuove speculazioni, a far crescere il valore dei suoli. Non c’è da meravigliarsi. Forse che in Val d’Orcia le lottizzazioni non sono state pubblicizzate nel nome dell’Unesco?

Sarebbe importante, finché si è ancora in tempo, denunciare gli scempi - e sono tanti - che vengono perpetrati ai danni del paesaggio (e dei suoi abitanti): dalle cave utilizzate come discariche abusive ai progetti di lottizzazione lungo la costa (realizzati e in fase di realizzazione), alla distruzione in varie forme delle costruzioni rurali e dei muri a secco. Gli edifici di Punta Perotti si possono abbattere in pochi secondi, il degrado diffuso no.

Si veda, in alcuni comuni del basso Salento, a poca distanza dalla costa, quanti terreni agricoli con all’interno un trullo (non importa se allo stato di rudere) sono stati di recente frazionati in particelle di piccole dimensioni senza neppure garantire il lotto minimo previsto dalla legge: un processo che sta subendo un’accelerazione a dir poco preoccupante e che corrisponde a vere e proprie lottizzazioni di fatto.

I meccanismi sono fra i più perversi. Chi vuole edificare in zona agricola e non possiede i requisiti di bracciante o di coltivatore diretto, per poter usufruire di agevolazioni, si accorda - mediante sottoscrizione di atti privati e dietro lauti compensi - con alcuni agricoltori, che vengono fatti figurare come affittuari o addirittura come proprietari. Sono all’ordine del giorno gli accorpamenti in un unico lotto di terreni dello stesso proprietario, anche distanti fra loro, purché nello stesso Comune, al fine di sfruttare al massimo l’indice di cubatura consentito. In assenza di controlli, le nuove costruzioni non rispettano in alcun modo i caratteri tipologici di un’abitazione rurale.

Cosa c’è da sperare? Che, come è accaduto con gli inglesi fra ‘800 e ‘900 in Toscana, gli “stranieri”, più sensibili ai problemi del paesaggio, ne acquistino porzioni sempre più ampie? Un Salentoshire dopo il Chiantishire? Può darsi. Ma sarebbe davvero triste se gli abitanti di questo estremo lembo d’Italia non si rendessero protagonisti in prima persona di una ribellione culturale in difesa della loro terra, che è la terra del sudore dei loro padri che con grande fatica l’hanno coltivata trasformandola in un giardino; anche quando le pietre avevano il sopravvento sulla terra. Ma i primi giardini - scrive Pierre Grimal - non sono forse sorti nel mezzo di un deserto?

 

 Vincenzo Cazzato

Comitato nazionale per lo studio e la conservazione dei giardini storici

Professore ordinario di Storia dell’Architettura, Arte dei Giardini e Architettura del Paesaggio

 presso l’Università del Salento, Lecce - Facoltà di Beni Culturali  

 

- http://www.salveweb.com - http://www.salveweb.com/alberghi.asp   - http://www.salveweb.com/agriturismo.asp  - http://www.salveweb.com/immobiliari.asp - http://www.salveweb.com/camping.asp - http://www.salveweb.com/stabilimenti.asp - http://www.salveweb.com/marine.asp - http://www.salveweb.it/pescoluse.htm - http://www.salveweb.it/torre_pali.htm

| Info SalveWeb.it  |  Le Pajare  |  La Pizzica  | Torre Pali  |  Pescoluse  |  Vacanze Marine di Salve  |  4 Vele Legambiente  |  Pirati e Torri Costiere  |  Organo Olgiati |

Notizie Locali  |  Costruzioni a secco   |   Vacanze Salento  |  Pizzica del Salento  |  Hotel Torre Pali  |  Alberghi Pescoluse  |  Masserie Salento  |  Ruggiano   |