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S.O.S. Masserie nel Territorio di Salve |
La campagna “SOS Masserie” è stata ideata dalla Gazzetta del Mezzogiorno in collaborazione con "Italia Nostra" allo scopo di effettuare una ricognizione sistematica dell'immenso patrimonio della civiltà rurale del Salento (masserie, ville, edicole votive, frantoi ipogei, chiese, ecc...)
Si tratta di una lodevole ed importante iniziativa alla quale "SalveWeb.it" ha immediatamente espresso il proprio apprezzamento ed offerto la propria collaborazione. Su questo sito infatti, relativamente al territorio di Salve e grazie alle segnalazioni ed all'interessamento di numerosissimi concittadini e turisti, siamo sempre stati attenti a queste tematiche.
Grave rischio di crollo per la Cappella della Madonna delle "Gnizze" (Marzo 2004)
Ecco le foto che testimoniano lo stato di pericolo e di degrado di questo nostro importante patrimonio architettonico
Com'era (1984) |
Com'è (2004) |
Ubicazione e descrizione
La cappella della Madonna delle Gnizze è ubicata ad ovest dell'abitato
di Salve, nell'omonima contrada, e risale al XVI secolo.
E' di proprietà privata. Dal punto di vista architettonico la cappella è
molto semplice, come nello stile delle tipiche chiese rurali. Presenta una
facciata a doppio spiovente con unico portale di ingresso sormontato da
una monofora oggi murata e da un oculo ora distrutto. All'interno è di
particolare rilievo l'affresco raffigurante l'Annunciazione.
L'oculo prima del crollo e del furto della decorazione |
L'affresco dell'altare raffigurante la Beata Vergine Maria |
La piccola grotta sottostante la Cappella dove fu rinvenuta l'immagine sacra |
La
Madonna delle Gnizze - Tra storia e leggenda
L'edificio ha una notevole importanza storica e religiosa per la
nostra comunità; la sua costruzione è legata ad un'antica leggenda.
Si narra infatti che intorno al 1540 Salve fu colpita da una grave epidemia che causò moltissime vittime. Ma un giorno la Madonna apparve in località Gnizze ad un contadino, Suo devoto, intento a lavorare i campi. La Vergine chiese all’uomo di scavare tra le siepi per cercare una Sua immagine, promettendo di salvare il paese dal terribile morbo. Il contadino rinvenne tra i rovi, all'interno di una piccola grotta, una immagine della Madonna dipinta su una pietra e contento della scoperta si affrettò a tornare in paese a raccontare l’accaduto.
Giunto a Salve si accorse che tutti gli ammalati erano in via di
guarigione e che miracolosamente la malattia era stata debellata. Raccontò
quindi ai paesani quanto gli era accaduto e tutti insieme si recarono alle
Gnizze per venerare l'immagine Sacra e per ringraziare la Vergine per aver
salvato il paese dall’epidemia.
Successivamente nel 1616 i salvesi costruirono la chiesetta, venne dipinta
sull’altare l’immagine della Beata Vergine Maria e furono incisi i versi
“Non tibi sit grave dicere semper Ave” (Non ti sia faticoso dire sempre
Ave).
Cappella Madonna delle Gnizze - Il primo intervento: murato l'ingresso
Dopo le segnalazioni di tanti concittadini e turisti riguardo il pericolo di crollo della Cappella delle Gnizze, l'ordinanza dell'amministrazione comunale e le immagini e l'articolo apparso su questo sito, inizia finalmente a muoversi qualcosa.
Nei giorni scorsi il proprietario della struttura ha provveduto a far murare la porta d'ingresso.
L'iniziativa ha il duplice compito di evitare a malintenzionati di effettuare altri furti o devastazioni, nonchè di salvaguardare l'incolumità di eventuali visitatori ignari del pericolo.
Del caso si è interessato anche il settimanale "il Gallo" con un articolo che di seguito pubblichiamo integralmente.
Salve: la storia in balìa dei vandali
Articolo del Settimanale "il Gallo" del 3 aprile
Pericolo di crollo all’interno della Cappella della Madonna delle “Gnizze”, risalente alla fine del XVI secolo, e situata ad ovest dell'abitato di Salve, nell'omonima contrada (secondo la leggenda, fu eretta in onore della vergine che salvò il paese da una terribile epidemia).
Prendendo spunto da una segnalazione che ha voluto fornirci il sito internet "SalveWeb.it", abbiamo deciso subito di approfondire l’argomento, cercando di capire, attraverso le parole di uno dei diretti interessati, come effettivamente stiano le cose e come sta evolvendo la situazione.
Così abbiamo ascoltato il signor Lucio Lia, falegname di Patù, proprietario, assieme alla sua famiglia, del terreno sul quale è ubicata la Cappella.
Tutto è nato, dunque, dalle denunce di alcuni cittadini salvesi e di qualche turista (la strada è molto frequentata) riguardante il precario stato della Cappella, dopo di che del caso ha incominciato ad interessarsene l’Amministrazione Comunale, che ha appurato la presenza di lesioni ed il 3 novembre 2003, con l’ordinanza n. 22, ha imposto al proprietario di effettuare i lavori per la messa in sicurezza del fabbricato. Con la risposta datata 2 dicembre 2003, il sig. Lia ha fatto sapere agli Amministratori di essere pronto ad agire come richiestogli e, allo stesso tempo, li avvisava di avvenuti furti di elementi architettonici della Cappella.
Ma da quel momento niente si è mosso, fino allo scorso 24 marzo, quando il Comune ha riscritto a Lucio Lia chiedendogli il perché di quel nulla di fatto e ingiungendogli di darsi da fare entro 5 giorni. Infatti, il 29 marzo il proprietario ha consegnato all’Amministrazione la dichiarazione con la quale informava di essersi attivato.
“Purtroppo, il pericolo che si verifichino crolli”, spiega il sig. Lucio, “si è materializzato da quando c’è stata l’asportazione di alcune parti, soprattutto del cornicione, che sono state rubate. Dall’interno sono stati portati via l’altare, il rosone centrale ed altro. Tuttavia, allo stato attuale delle cose questi rischi sarebbero limitati, nel senso che i crolli non sarebbero imminenti: me lo hanno detto dei tecnici ai quali ho chiesto informazioni. Ma è chiaro che non si può comunque più aspettare. In particolare, c’è una lesione, esistente da sempre e che negli anni non è mai andata peggiorando, alla quale ora, proprio per l’ulteriore mancanza di stabilità causata dalla sottrazione di alcuni pezzi, deve essere posto rimedio”.
Ed infatti, Lucio Lia conferma l’avvio dei lavori: “Sì, per ora ci sarà la chiusura con dei mattoni dell’unico ingresso esistente, per evitare ovviamente che la gente vada all’interno, e si puntellerà lì dove ce ne sarà bisogno. Insomma, una serie di opere che serviranno come processo di consolidamento. Poi, è mia intenzione incontrare e parlare con la Sovrintendenza per sapere come intervenire sulla struttura nel migliore dei modi (a cominciare dai materiali da utilizzare), perché il mio desiderio è quello di effettuare davvero una buona opera. Ci tengo tantissimo”. In relazione ai tempi d’impiego previsti, il sig. Lia fa sapere che “in questi giorni saranno completati i lavori cosiddetti di consolidamento, mentre per il restauro vero e proprio dovrò prima sentire il parere della Sovrintendenza”.
[Fonte: Settimanale "il Gallo" del 3 aprile 2004]
La torre di Masseria "Don Cesare" è crollata ! (Novembre 2003)
Incuria, degrado ed indifferenza: così abbiamo perso un simbolo del nostro territorio. Era di proprietà privata ma rappresentava un bene storico, artistico e culturale della "Terra Nòscia". E' una grave sconfitta per tutta la nostra comunità.
Nel mese di novembre è accaduto un fatto molto spiacevole. E' crollato infatti uno dei simboli del nostro territorio: la torre cinquecentesca di Masseria "Don Cesare".
La torre del XVI sec. era rettangolare e si sviluppava su due piani; era caratterizzata da beccatelli a sostegno del parapetto aggettante del terrazzo sommitale.
La torre vista da sud prima del crollo (Foto Roberto Negro - 1999) |
I ruderi della Masseria oggi (Foto Oronzo Comi e Luigi Ricciato - 26.11.2003) |
Situata a poche centinaia di metri dal mare, nelle vicinanze della litoranea Gallipoli S.M. di Leuca la masseria fortificata "don Cesare" sovrasta quel tratto di litorale costiero che attualmente viene denominato col termine “la Cabina” per via della presenza di una cabina, costruita verso la fine degli anni ’30, per il controllo della bonifica delle paludi del comprensorio. Questa masseria infatti, era anticamente conosciuta col termine “delle Paduli”; ma acquistata verso la metà del XVII secolo dal nobile siciliano don Cesare de Franchis, da quel momento cambiò nome, al pari del territorio ricoperto di macchia mediterranea che la circondava, noto appunto come “macchie Don Cesare”.
Il nobile don Cesare de Franchis infatti, si trasferì da Palermo a Salve dove, nel 1648 sposò la nostra concittadina Lucrezia de Notaris.
Com'era Masseria Don Cesare vista da nord (Foto Serafino) |
Com'era Masseria Don Cesare vista da ovest (Foto Serafino) |
La masseria doveva consistere di un insediamento rurale precedente alla costruzione della torre e databile al XIV secolo; di questo oggi rimangono alcuni vani, in pessimo stato o diruti, e resti dei muri perimetrali, in pietrame irregolare e terra rossa, del cortile.
Come avvenne nelle altre masserie, anche in quella "Don Cesare" quindi, successivamente, alle costruzioni originarie (fienili e granai, scuderie e stalle, forni, ecc..) fu affiancata, a partire dal XVI secolo, una torre di difesa allo scopo di contrastare il terribile flagello delle scorrerie dei pirati Turchi ed Algerini nonchè i furti di bestiame.
La masseria è storicamente legata anche ad un atto di valore compiuto verso la fine dell’ottocento dalla massara Salvatora Buccarello, che riuscì a trarre in salvo due marinai naufraghi di un bastimento genovese affondato nei pressi delle nostre rive.
Per questo atto di valore venne conferita alla signora Buccarello una medaglia d’argento al valor civile.
La Masseria "Santu Lasi" di Salve
Tra le masserie che si trovano in stato di completo abbandono e che necessitano di un urgente intervento di recupero c’è la masseria Santu Lasi a Salve. Si trova nei pressi dell'antica chiesetta di San Biagio, ad un'altezza di circa cento metri sul livello del mare, lungo la strada che conduce da Salve alla marina del Posto Vecchio. Qui sorse, verso la metà del secolo XVIII, un interessante insediamento rurale fortificato intorno ad una torre a base circolare risalente al 1577. Quest'ultima, esternamente caratterizzata da un motivo di archetti su beccatelli a coronamento della parte superiore, si erge ai margini del recinto del complesso masserizio ed è così composta: al piano terra da un ambiente quasi rettangolare coperto a botte, mentre al piano superiore da un ambiente a pianta circolare. Su un lato della corte, l'edificio settecentesco (ad uso del "massaro") è formato sia al piano terra che al primo piano da due ambienti quadrati (di circa 4,5 metri per lato), coperti con volta a botte e comunicanti tra loro, mentre il terrazzo è provvisto di caditoie poste a difesa di porte e finestre. Le colonne del terrazzino d'accesso al primo piano lasciano immaginare che un tempo vi siano state adagiate delle travi in legno che costituivano la struttura di un vecchio pergolato. Tutti gli ambienti, compresi quelli della torre, hanno al loro interno un camino. Una scala a due rampe simmetriche permette l'accesso ai primi piani dell'edificio settecentesco e della torre, costituendo il limite del cortile in cui si trova un'ampia cisterna sotterranea con pozzo sovrastante coperto probabilmente in origine da un pergolato; essa, pur se ancora agibile e praticabile, nella sua policromia rivela la presenza di muschi e licheni che ne sottolineano il livello di degrado. La destinazione originaria della torre era, probabilmente, quella di posto di vedetta militare. Come talvolta accadeva a questo tipo di apprestamenti militari, non essendo dislocati soltanto sui litorali ma anche tra gli insediamenti rurali venivano, una volta esaurita la loro funzione specifica, alienati all'amministrazione delle torri e ceduti ai proprietari dei terreni stessi sui quali erano sorti, per poi essere incorporati ai complessi masserizi di nuova costruzione. Gli infissi sono quasi del tutto assenti ed i pochi rimasti non riescono ad assolvere alla loro funzione di barriera contro gli agenti atmosferici. |
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(tratto dall'articolo dell'arch. Elena Maurichi sulla "Gazzetta del Mezzogiorno" del 22 settembre 2004)
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