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Salvesi. Pillole di memoria e genealogia

Storia di Salve


  

Primi insediamenti umani

  

Alcuni ritrovamenti preistorici (resti faunistici fossilizzati, strumenti in selce, ecc...) rinvenuti presso Grotta Montani, sono stati la chiave di lettura per determinare con una certa esattezza, la datazione dei primi insediamenti umani nel territorio di Salve.

   

  

    

Le Grotte Montani

(Foto: Marcello Fersini)

      

In particolare, nel saggio di scavo effettuato nel 1973, furono rinvenuti raschiatoi, punte, numerose piccole schegge non ritoccate ed oltre 4000 reperti ossei appartenenti ad animali come il bue, il cinghiale, l'elefante, il rinoceronte, il cavallo, il cervo, la tartaruga, il coniglio, ecc...

Si tratta di specie che, durante il Paleolitico medio (cosiddetto periodo musteriano), vennero cacciate dall'Homo di Neandherthal che abitò il nostro territorio circa 70.000 anni fa.

 

   
Il Riparo Pozziche
Numerose sono le aree, individuate di recente, frequentate da Homo sapiens durante il Paleolitico superiore (35/30.000-10.000 anni fa). Fra queste spicca il cosiddetto Riparo Pozziche, ubicato nel fondo del Canale Tariano nei pressi delle omonime sorgenti. Il sito, frequentato circa 10.000 anni fa, ha restituito numerose ossa fossili e denti (di cervi, buoi e cavalli), centinaia di manufatti in selce ed  una lastra incisa con motivi geometrico-lineari di incerta interpretazione.     

Il Neolitico a Salve
Le uniche tracce ad oggi note, relative alla presenza dell'uomo nel territorio salvese durante il Neolitico (VI-IV millennio a.C.), si sono conservate in due cavità: Grotta Triscioli e Marzo.

La prima ha restituito un vaso che rinvia ad un uso cultuale della stessa mentre la seconda delle figure dipinte in ocra rossa sulle sue pareti confrontabili con alcune fra quelle presenti nel celeberrimo santuario della Grotta dei Cervi a Porto Badisco (Otranto).  

L' insediamento di Spigolizzi

L'insediamento protoappenninico di Spigolizzi è  situato nei pressi delle masserie "Spigolizzi" e "Brufichi" a circa 100 m. sul livello del mare. Per periodo protoappenninico si intende quella prima parte del Bronzo Medio (XVI-XV sec. a.C.) che riguarda l’intero Meridione d’Italia e che si caratterizza per un'unitarietà culturale particolarmente evidente nella produzione materiale. Il più significativo manufatto di tale civiltà è il bollitoio, legato alla lavorazione del latte. In questa fase si afferma la tendenza a fondare dei centri fortificati su altura, che fossero in grado di garantire un'ampia visibilità sul territorio circostante. Da una raccolta di superficie, effettuata negli anni '60 dal gruppo speleologico "De Lorentiis” di Maglie in collaborazione con l'Università di Lecce, sono stati rinvenuti, sulla collina di Spigolizzi, numerosissimi reperti ceramici e faunistici.

     

(Foto: Roberto Negro)

   

I reperti faunistici appartengono prevalentemente ad animali domestici come bovini e caprini, testimoni di una attività agricolo-pastorale tipica del periodo storico. Fra i reperti ceramici rinvenuti ricordiamo frammenti di anse, piatti, tegami, ciotole, olle e vasi. Dalla presenza di numerosi frammenti di intonaco, inoltre, si presume che il villaggio di Spigolizzi fu costituito da una serie di capanne.
  



La Messapia

Messapia è il nome che fu anticamente assegnato al territorio del Salento.

Il geografo greco Strabone in uno dei suoi brani definì gli abitanti di questa regione come "messapi" ovvero "coloro che abitano tra i mari" (Ionio e Adriatico).

La tradizione vuole che due siano le ipotesi sull'origine dei Messapi: alcuni storici sostengono un'origine cretese, mentre altri ritengono che i messapi siano giunti dalla vicina Illiria.

Oggi, a seguito di numerosi studi e ricerche, si può affermare che si è trattato di una popolazione autoctona, che ha subito forti influenze esterne, in particolare elleniche. 

  

      

  L' insediamento messapico della Chiusa ai Fani

I Messapi hanno abitato il territorio di Salve sin dall’età del Ferro (IX-VII sec. a.C.).

Ricercatori ed archeologi dell’Università di Sidney, in collaborazione con l’Università di Lecce, hanno condotto, a partire dal 1987, un’esplorazione sistematica del sito denominato "La Chiusa" ubicato presso Masseria Fano e l'omonima gravinella.

 

Grazie agli scavi effettuati è stato possibile ipotizzare una ricostruzione delle tre fasi principali dell’insediamento.

 

(Foto: Roberto Negro 0207)

  

Il primo insediamento si ebbe intorno al 1550 a.C.(età del Bronzo Medio) ad opera di abitanti giunti, probabilmente, dal vicino Villaggio di Spigolizzi, qui  attratti dalla presenza di una sorgente d’acqua dolce. I frammenti di intonaco di capanne rinvenuti fanno supporre che le stesse fossero costruite con rami e canne e rivestite con del fango.

Abbandonato verso il 1400 a.C., per ragioni ancora oggi sconosciute, il sito rimase disabitato sino al 900 a.C.

Gli abitanti del secondo periodo (Età del Ferro iniziale), vivevano in capanne di pianta ovale realizzate con mattoni di fango essiccati al sole e con un tetto di rami e paglia. L’economia dell’insediamento era basata sull’agricoltura e sull’allevamento del bestiame.

All’inizio del VII sec. a.C., il villaggio venne nuovamente abbandonato.

     

L'insediamento tornò ad essere abitato soltanto verso il 550 a.C. (circa 150 anni dopo). Questa volta le "abitazioni ", di pianta rettangolare, realizzate con mattoni essiccati al sole erano coperte da tegole in terracotta.

    
L'area dell'abitato, in questa fase, era racchiusa da una cinta muraria. La fortificazione era realizzata con grosse pietre, larga sino ad otto metri ed alta quattro, e munita di almeno una porta d'accesso (la cosiddetta Porta Occidentale) di ragguardevoli dimensioni.
Fra i numerosi reperti riferibili a questa terza fase spiccano: un louterion (bacino in terracotta su alto piede usato per l'effettuazione di riti); un alfabetario (le prime sei lettere dell'alfabeto messapico incise sull'orlo di un vaso); diverse iscrizioni messapiche, con caratteri greci, ancora non ben decifrate ed un’immagine di Dionisio dipinta su un frammento di vaso.
Questo villaggio messapico fu abbandonato definitivamente intorno al 480/70 a.C. a causa, probabilmente, dei rapporti conflittuali che l’intera Messapia stava vivendo con con la colonia greca di Taranto.
      

   



         

L'antica leggenda delle cittadelle di "Cassandra" e del "Casale San Biagio"

Vecchie credenze, tra storia e fantasia

  

Menzionata da storici quali il Tasselli, il Marciano, il Carafa, la leggendaria cittadella di Cassandra sarebbe sorta sulla collina oggi denominata "Brufichi", non lontano dal Canale Fano.

Cassandra, da molti identificata come l'insediamento di Spigolizzi, era, secondo la leggenda, la città nella quale c’era il mulino che macinava le pepite d’oro.

Fiorente centro abitato, dedito alla produzione di olio e vino, sarebbe stato fondato in età arcaica (VI sec. a.C.) e distrutto nel 548 d.C. ad opera dei Goti.

Tra i pochi reperti rinvenuti, che avvalorerebbero tali tesi, vi sarebbero alcune tombe (scoperte verso la fine del 1800) ed un tesoretto costituito da un centinaio di monete d’argento, contenute in un vaso di creta, riferibili ad un arco cronologico che va dal VI al III sec. a. C.

 

In realtà, alla luce dei ritrovamenti e degli studi archeologici più recenti, possiamo affermare che la cittadella, così come descritta dai vecchi storici, non sia mai realmente esistita.

  

Secondo la leggenda in territorio di Salve ci sarebbe stato un altro antico centro messapico che, ai tempi del Tasselli, venne chiamato "Casale San Biagio". Tale denominazione fu dovuta al fatto che nei pressi dell'ubicazione del leggendario centro abitato, sorse una cappella dedicata a San Biagio.

Secondo quanto tramandato questo "Casale" sarebbe stato lambito dall’antichissima strada messapica che congiungeva Vereto con Ugento; la cosiddetta via "Sallentina" ossia il naturale prolungamento della via Appia.

 

Casale San Biagio, secondo la leggenda, sarebbe stato abbandonato dai suoi abitanti intorno al VI secolo dopo Cristo a causa di una pestilenza oppure, come già avvenuto per Cassandra, a causa della furia devastante dei Goti.

   

  

Immagine del bassorilievo rinvenuto nel 1924

(Immagine reperita da "Salve, Storia e Leggende)

  

Tutti i reperti archeologici individuati in zona, invece, sono pertinenti ad un piccolo insediamento a carattere agricolo (villa rustica) riferibile all'età imperiale e/o tardo antica (II-VI/VII sec. d.C.) individuata di recente (2007) e denominata “Villa Trisciani” dal nome della località di pertinenza.
Fanno eccezione sette frammenti di un bassorilievo, riferibile al III-II secolo a.C., che conserva un'epigrafe in lingua messapica. Questa testimonia di un'offerta di metalli preziosi effettuata da due persone ad una divinità femminile. I frammenti furono rinvenuti casualmente nel 1924 durante i lavori per la piantagione di un vigneto e misurano nel complesso 60 x 40 cm. Dei sette frammenti originariamente consegnati al Museo di Gallipoli, a distanza di dieci anni di tempo, se ne conservavano solo due.

  
In virtù di quanto detto, si può ragionevolmente escludere il fatto che sia realmente esistito il cosiddetto Casale San Biagio.
   

      


Fondazione di Salve (400-500 dopo Cristo)

I Romani, a seguito della sconfitta subita da Pirro nei pressi di Benevento (275 a.C.) conquistarono prima Taranto (272 a.C.) ed in seguito la Messapia (266 a.C.).

Le guerre salentine (bellum sallentinum) non comportarono l'immediata dissoluzione della lega sallentino-messapica (confederazione di dodici città messapiche).

In questa fase, secondo la tradizione storica, vi fu la consueta spartizione delle terre conquistate dai Romani fra i propri centurioni, che fondarono dei centri abitati dai quali presero il nome.

Secondo la leggenda, comune a molti altri paesi salentini e non solo, Salve sarebbe nata sulla terra assegnata nel 266 a.C. al centurione romano Salvius, da cui appunto avrebbe preso il nome.

Degli studi archeologici più recenti, in realtà, hanno appurato che la nascita del centro abitato di Salve è da attribuire ad un periodo di transizione tra l'età tardo antica ed il Medioevo (VI-VII sec. d.C.) o ad una fase medio-evoluta dell'alto Medioevo (VIII-X secolo d.C.).

 

Il centro storico di Salve

(Foto: Roberto Negro)

Cenni storici

Stemma Civico di Salve

Facciata della Chiesetta "S. Lasi"

(Foto: Roberto Negro)

Nel IX secolo d.C. iniziarono, anche nel Salento, le scorrerie dei Saraceni. Per difendersi da queste incursioni i Salvesi iniziarono la costruzione delle mura. Quattro grandi porte, sorvegliate da sentinelle, permettevano l’accesso all’abitato.

In pieno medioevo giunsero a Salve i monaci Basiliani. Per sfuggire ai funzionari bizantini, i Basiliani si rifugiarono nelle campagne, dedicandosi alla preghiera, allo studio ed all’agricoltura.

Ancora oggi, lungo il Canale del Fano, si possono ammirare le loro cripte, affrescate con immagini sacre, dove i monaci si riunivano in preghiera.

E’ al tempo della dominazione Normanna o Sveva (XI – XIII secolo) che, probabilmente, i salvesi crearono il loro stemma civico, formato da una S su cui è posata una colomba bianca con un ramoscello d’ulivo nel becco.

      

Per difendersi dagli attacchi dei pirati Turchi, i salvesi costruirono un piccolo ma ben munito Fortilizio, terminato nel 1415, avente quattro torrioni angolari e con un fossato davanti alla porta d’ingresso, munita di ponte levatoio.

E’ in questo periodo che le autorità spagnole decisero di iniziare la costruzione delle torri costiere. Quella posta in territorio di Salve, la Torre dei Pali, fu ultimata nel 1563. Costruita su uno scoglio isolato, circondato dall’acqua, ad una ventina di metri dalla riva, questa torre era unita alla terraferma da uno stretto ponte in muratura.

Nella stessa epoca furono erette delle torri sia nel centro abitato, nelle abitazioni delle famiglie più benestanti, sia nelle numerose masserie sparse nel feudo.

La torre dei Montano

in via Persico 

  

Salve. L'organo del 1628

(Foto: Serafino)

Nel 1582 iniziarono i lavori per la costruzione del Monastero dei cappuccini, il primo nel Capo di Leuca, che ospitò i monaci per tre secoli, fino alla fine del 1800.

Nel 1628 i Salvesi acquistarono un organo per la Chiesa di Salve. Opera dei maestri Giovan Battista Olgiati da Como e Tommaso Mauro da Muro, l’organo, oggi perfettamente funzionante, orgoglio e vanto dell’intera comunità, risulta essere il più antico delle Puglie e tra i più antichi d’Italia.

Oggi, dopo la bonifica delle paludi del nostro litorale costiero avviata negli anni '30, la principale attrattiva del territorio di Salve sono divenute le sue spiagge.

Le località marine di Pescoluse, Posto Vecchio, Torre Pali e Lido Marini, durante la stagione estiva, sono affollate dai turisti, attirati dalle acque limpide del mare e dalle nostre bellissime spiagge di sabbia dorata.

 


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